====== Scrittori ====== ===== Georges Ivanovič Gurdjieff ===== {{:halloffame:229.jpg |}} Georges Ivanovič Gurdjieff (in armeno: Գեորգի Գյուրջիև?, traslitterato: Georgi Gyowrǰiew; in russo: Георгий Иванович Гюрджиев?, traslitterato: Georgij Ivanovič Gjurdžiev; in greco Γεώργιος Γεωργιάδης, traslitterato Geórgios Georgiades, romanizzato in Georges Gurdjieff, [ʒɔʁʒ ɡyʁdˈʒjɛf]; Gyumri, 14 gennaio 1872 – Neuilly-sur-Seine, 29 ottobre 1949) fu un filosofo, mistico, danzatore, scrittore e maestro di danza greco-armeno. Visse a lungo in Turchia e in Francia. Il suo insegnamento combina sufismo, scuola mistica dell'Islam (in particolare studi sulle danze sacre dei dervisci), e altre tradizioni religiose (cristianesimo, sikhismo, buddhismo, induismo), esoterismo e filosofia, ma non può considerarsi un sistema sincretico. La sua ricerca, infatti, guarda allo scopo ultimo di tutte le religioni, ma non realizzando mai una miscellanea: lo scopo ultimo è la coscienza e il "risveglio", favorendo il superamento degli automatismi psicologici ed esistenziali che condizionano l'essere umano. L'insegnamento fondamentale di Gurdjieff è che la vita umana è ordinariamente vissuta in uno stato di veglia apparente prossimo al sogno; e per trascendere lo stato di sonno elaborò uno specifico metodo per ottenere un livello superiore di vitalità, per giungere al ricordo di sé. Le sue tecniche non sono affidate a libri e vengono ancor oggi impartite da discepoli qualificati della sua Scuola. Nei testi, infatti, emerge solamente la parte "teorica" dell'insegnamento di Gurdjieff. Dopo aver attratto a sé un consistente numero di allievi e discepoli tra i quali vi erano persone del milieu filosofico e artistico russo, G. fondò una scuola per lo sviluppo spirituale, chiamata Istituto per lo Sviluppo Armonico dell'Uomo. Gurdjieff fu noto anche come insegnante di danze sacre, i cosiddetti Movimenti, ad uso esclusivo dei suoi allievi. La Scuola, una volta trasferitasi a Parigi, prese il nome di Institut Gurdjieff, nome che tuttora mantiene e che rappresenta il nucleo centrale della Fondazione Gurdjieff. Negli anni, l'insegnamento di Gurdjieff ha influenzato diversi personaggi della cultura occidentale: fra questi, uno dei più importanti architetti statunitensi del XX secolo: Frank Lloyd Wright, che sposò in seconde nozze Olgivanna Hinzenberg, già allieva di Gurdjieff, la quale gli tributò un pubblico riconoscimento durante un congresso svoltosi dopo la di lui morte. Suoi allievi furono anche la scrittrice Pamela Lyndon Travers, nota per avere creato il personaggio di Mary Poppins e René Daumal, scrittore francese che entrò in contatto con le sue idee, negli ultimi anni della propria esistenza, mediante Alexandre Gustav Salzmann; inoltre la celebre poetessa e narratrice Katherine Mansfield che, affetta da tubercolosi, volle passare l'ultimo periodo della sua vita accanto al Maestro, vivendo quasi come un'eremita in una casetta che Gurdjieff le aveva offerto nella propria tenuta di Avòn, nei pressi di Fontainebleau. L'influenza gurdjieffiana è presente anche nella pedagogia, col "Modello educativo Etievan", adattato, sulla base di iniziali indicazioni del Maestro, da Nathalie de Salzmann de Etievan (figlia di Alexandre e Jeanne de Salzmann) e applicato in diversi collegi del Sudamerica (diffusi tra Venezuela, Cile e Bolivia). Dalle idee di Gurdjieff hanno tratto spunti musicisti contemporanei quali Franco Battiato e Keith Jarrett e anche vari pensatori del milieu New Age. ==== Biografia ==== Gurdjieff nasce in una data imprecisata (egli avrebbe indicato la mezzanotte all'inizio del giorno del nuovo anno, cioè del 14 gennaio) tra il 1866 e il 1877 nella città di Alexandropol nell'Armenia russa (oggi Gyumri, Repubblica di Armenia) da padre greco (che insieme ad altre professioni è anche “ashukh”, cantastorie) e madre armena.[2] Alcuni autori (come James Moore) optano per il 1866. Sia l'amica Olga de Hartmann che la segretaria Louise Goepfert March, credevano che fosse nato nel 1872. Un passaporto indicava il 28 novembre 1877, ma non coincide con quello da lui sostenuto. Sulla pietra tombale è comunque incisa la data del 1872. Dopo che la famiglia si trasferisce nella città turca di Kars, Gurdjieff riceve un'educazione religiosa dal suo tutore, il decano Borsh, con cui studia medicina e ingegneria, e prende in considerazione il sacerdozio nella chiesa ortodossa. Dall'estate del 1885 comincia un lungo percorso in diverse tradizioni spirituali, in particolare quella sufi. Il suo viaggio di ricerca iniziò a Costantinopoli (oggi Istanbul) per studiare i dervisci Mevlevi e Bektaschi. Tra il 1887 e il 1907 forma un gruppo chiamato "Cercatori della verità", compie numerosi viaggi in Medio Oriente, in India, che lo portano dall'Asia Centrale fino al Tibet (dove assiste al massacro dei tibetani da parte dei britannici a Guru e alla successiva conquista di Lhasa). Il motivo (o la suggestione) che lo spinge a continuare il suo pellegrinaggio per vent'anni è la ricerca di una misteriosa "Confraternita di Sarmoung", ipoteticamente sviluppatesi nel 2500 a.C. in Babilonia, di cui aveva trovato un riferimento nel 1886. Egli conduce anche ricerche di antichi documenti egizi. Gurdjieff racconta (in modo romanzato e metaforico) questo periodo della sua vita nel romanzo autobiografico Incontri con uomini straordinari da cui, nel 1978, il regista Peter Brook ricaverà l'omonimo film. Nel 1907, a Tashkent, inizia a insegnare "Scienze Soprannaturali". Nel 1912 forma un primo gruppo a Mosca, e nel 1913 un altro a San Pietroburgo. Secondo un suo racconto, in questo periodo si sostentò anche con lavori bizzarri e talvolta truffaldini, tra cui il venditore di uccelli, in cui spacciava per preziosi canarini uccelli di valore inferiore. Nel 1915, Gurdjieff accetta Piotr Demianovič Ouspensky (autore del Tertium Organum, un trattato sulla natura dell'universo) come allievo a Mosca. Ouspensky, uomo di cultura e scrittore, fu il tramite per il pensiero di Gurdjieff in Occidente e avrebbe in seguito testimoniato nel libro Frammenti di un insegnamento sconosciuto (tradotto in Italiano da Henri Thomasson) l'esperienza dell'insegnamento di Gurdjieff. Gurdjieff nel 1922 Nel 1916 e 1917 entrano nel gruppo anche il compositore e pianista Thomas de Hartmann e sua moglie Olga Arkadievna de Hartmann. A de Hartmann Gurdjieff detterà varie composizioni per pianoforte che vennero pubblicate a nome di entrambi. Dopo la rivoluzione russa Gurdjieff si rifugia a Essentuki vicino al Mar Nero, dove inizia a sperimentare con alcuni allievi il suo "Laboratorio di Consapevolezza", spostandosi poi in altre località fra cui Tiflis (oggi Tbilisi), in Georgia. Qui nel 1919 Gurdjieff incontra l'artista Alexandre Gustav Salzmann e la moglie Jeanne Matignon de Salzmann, che aveva studiato danza sotto la guida di Émile Jacques-Dalcroze.[2] In collaborazione con Jeanne, Gurdjieff elabora i suoi “movimenti”, o danze sacre, che presenta per la prima volta a Tiflis nel giugno 1919. Nello stesso anno costituisce l'Istituto per lo Sviluppo Armonico dell'Uomo. Nel 1920 Gurdjieff e l'Istituto per sfuggire alla guerra civile si trasferiscono a Costantinopoli (oggi Istanbul). L'arrivo nell'Europa occidentale Il 24 novembre 1921 Gurdjieff tiene a Berlino la sua prima conferenza europea. Nel frattempo Ouspensky in Inghilterraaveva divulgato il lavoro di Gurdjieff raccogliendo attorno a sé molti allievi. Gurdjieff acquistò la tenuta di le Prieuré des Basses Loges a Fontainbleu-Avon, alle porte di Parigi, dove si stabilisce nel 1922. Al Prieuré fonda una grande Casa di Studi in cui vissero e lavorarono accanto a lui artisti, scrittori, pittori, matematici, filosofi, architetti, musicisti, e ogni genere di individui, impegnati in una seria e profonda ricerca interiore. Qui organizzò una vera e propria comunità indipendente con pascoli, coltivazioni, diverse attività lavorative orientate ad un "intenso lavoro su di sé". I "Movimenti" o "danze sacre" erano il coronamento del suo insegnamento. Le serate di musica e Movimenti organizzate da Gurdjieff riscuotono interesse tra numerosi intellettuali anche oltre i confini europei, tanto da organizzare nel 1924, e negli anni successivi, diverse tournée negli Stati Uniti. Sempre nel 1924 ebbe un gravissimo incidente automobilistico che quasi lo uccise, e al quale fece seguito una lunga e dolorosa convalescenza, assistito dalla moglie e dalla madre (morta di cancro nel 1926). Questo cambiò anche l'orientamento del suo lavoro. Gurdjieff nel periodo tra il 1925 e il 1935 Gurdjieff deve lasciare il Prieuré nel 1932, e lo perde definitivamente a causa di difficoltà economiche nel 1933. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Gurdjieff abita in un piccolo appartamento in Rue des Colonels-Renard al numero 6, e si rifiuta di abbandonare Parigi quando le truppe tedesche la occupano. Pare che sia riuscito a intessere rapporti anche con gli occupanti.[Gurdjieff continua tuttavia a insegnare le sue idee e le sue tecniche nella Parigi occupata e nei frequenti viaggi negli Stati Uniti. Nel 1924 fondò dei gruppi negli Stati Uniti diretti da Alfred Richard Orage. Iniziò a scrivere una serie di opere con lo scopo di trasmettere i fondamenti del suo insegnamento per le generazioni a venire. Negli anni 1936-1937 anima il gruppo "La Corda" (The Rope), costituito da scrittrici americane lesbiche, fra cui Margaret Anderson e Jane Heap, che erano state le fondatrici della Little Review a New York. Dopo la fine della Guerra, dal 1945 l'opera di Gurdjieff è volta a riunire tutti i propri allievi sparsi per il mondo (Parigi, Londra, New York), dando vita a un intenso periodo di lavoro nell'appartamento parigino di Rue des Colonels-Renard. Gurdjieff sul letto di morte Nel 1948 le sue condizioni di salute si aggravano. Muore il 29 ottobre 1949 all'Ospedale Americano di Neuilly, dopo avere trasmesso le sue ultime istruzioni a Jeanne de Salzmann.[2] È lei, a partire dal 1950, seguendo le istruzioni del Maestro, a organizzare i tanti gruppi di allievi nella Scuola diffusa in tutto il mondo e nota ancora oggi sotto il nome Gurdjieff Foundation, i cui centri principali sono Parigi ("Institut Gurdjieff"), New York ("Gurdjieff Foundation"), Londra ("The Gurdjieff Society") e Caracas ("Fundaciòn Gurdjieff Caracas"), e che è presente anche in Italia con il nome di "Associazione o Centro Italiano Studi sull'Uomo G.I. Gurdjieff" e le sedi di Milano, Torino, Roma, Palermo, Cagliari. Dopo Jeanne de Salzmann, sarà suo figlio Michel de Salzmann ad occuparsi a livello internazionale della Scuola, fino alla sua morte avvenuta nel 2001. L'organizzazione denominata The Gurdjieff Foundation è dunque l'espressione delle Scuole di Parigi, New York, Londra e Caracas, che vennero create seguendo le dirette istruzioni di Georges Ivanovitch Gurdjieff. Scopo dell'Associazione Internazionale delle Fondazioni Gurdjieff, definita a volte semplicemente come "la Scuola di Gurdjieff", è di preservare l'essenza, la specificità e l'integrità dell'insegnamento del maestro. ==== Influenza postuma ==== Sono numerosi gli allievi anziani di Gurdjieff ad aver continuato il proprio lavoro all'interno della Fondazione dopo la sua morte. Fra questi, si ricordano Olga Arkadievna de Hartmann, Henri Tracol, Henriette Lannes, William Segal, John Pentland, Michel De Salzmann, William Welch, Louise Welch e molti altri. In Italia, l'organizzazione è stata costituita a partire dai primi anni settanta da Henri Thomasson. Le teorie di Gurdjieff furono trattate anche dal famoso mistico e guru indiano Osho Rajneesh - che non ha mai avuto contatti diretti né con lui, né con il suo insegnamento - (riprese in particolare l'uso del corpo e del movimento, la necessità di creare meditazioni adatte all'uomo moderno e occidentale e alcuni comportamenti appositamente provocatori), che tuttavia giudicò il sistema del filosofo armeno "incompleto". Fra i discepoli e gli estimatori più noti, vi sono il regista teatrale inglese Peter Brook - il cui film Incontri con uomini straordinari e la sua autobiografia I fili del tempo riportano ampie testimonianze della sua vicinanza all'insegnamento di Gurdjieff, il musicista e compositore Laurence Rosenthal, il regista e produttore Jean Claude Lubchanski, il polistrumentista e compositore britannico Robert Fripp (fondatore dei King Crimson), il cantautore e regista Franco Battiato (riferimenti alle tematiche del filosofo e mistico armeno si trovano ad esempio in gran parte della sua produzione musicale, fra cui brani come Shock in my Town, Centro di gravità permanente, Chanson Egocentrique, e Voglio vederti danzare), la cantante Alice, il pianista e compositore Roberto Cacciapaglia, la cantautrice Giuni Russo, il politico e imprenditore Gianroberto Casaleggio[6], il cantante e compositore inglese David Sylvian. Nel 2017 il duo futurista di musica elettronica Die Zwei inserisce un omaggio nel loro album "Eins" con la traccia omonima "Gurdjieff". La pianista e compositrice Alessandra Celletti ha dedicato a Gurdjieff un album nel 1998 intitolato Hidden Sources[7] e nel 2018 un nuovo album dal titolo Sacred Honey. Pensiero Gurdjieff affermò che l'uomo non nasce con un'anima, ma che la deve creare durante l'arco della sua vita, altrimenti «morirà come un cane», ossia senz'anima. Per "anima", egli si riferiva alla coscienza superiore, distinta dalla coscienza ordinaria degli esseri umani, definita come una forma di sonno, sostenendo che gli stati di coscienza superiori sono possibili. Fece riferimento allo strumento dell'attenzione come mezzo per accedere a nuove percezioni ed al "ricordo di sé". Insegnò attraverso lo strumento delle "danze sacre" o "movimenti" di gruppo, accompagnati da musiche composte in collaborazione con il musicista Thomas de Hartmann, musiche che Gurdjieff compose ispirandosi a ciò che aveva sentito e assimilato durante i suoi viaggi. ==== La "Quarta Via" ==== Gurdjieff propose una sua personale classificazione delle tradizioni spirituali esistenti La prima via, la "Via del Fachiro" (di derivazione sufi e indù), basata principalmente su un lavoro sul corpo. La seconda, la "Via del Monaco" (di derivazione cristiana), basata principalmente su un lavoro sul sentimento. La terza, la "Via dello Yogi" (di derivazione indù, buddhista e sikh), basata principalmente su un lavoro sulla mente. Ritratto di Gurdjieff Secondo Gurdjieff[9], le "vie" tradizionali per lo sviluppo interiore dell'uomo risultano inadatte alla vita dell'uomo occidentale, in quanto richiedono l'abbandono della vita ordinaria per dedicarsi interamente ad esse. La Quarta Via (termine introdotto da Ouspensky, in quanto Gurdjieff usava solo l'espressione "lavoro su di sé"), la "via dell'uomo astuto", pone l'accento sull'armonizzazione dell'uomo in tutte le sue parti costituenti, permettendogli di poter continuare la propria vita quotidiana normalmente. La sua particolarità consiste nell'essere attiva nella vita di tutti i giorni, perché propone l'apprendimento di un sapere antichissimo, tramandato esclusivamente oralmente e per pratica diretta, con il quale l'uomo addormentato può risvegliarsi dal suo torpore profondo, iniziare a conoscere se stesso, ed "aprirsi" a quelle zone luminose interiori, inesplorate e sacre, attraverso il primo raggiungimento di una nuova qualità di Essere. ===== Leo Peruz ===== «Siamo stati tutti alquanto incauti nella scelta del nostro secolo, benché io tema che non sarà migliore il prossimo» (Leo Perutz - Tel Aviv, 22 gennaio 1947) Leopold Perutz (Praga, 2 novembre 1882 – Bad Ischl, 25 agosto 1957) è stato uno scrittore e drammaturgo austriaco. {{ :halloffame:leo-perutz-older.jpg |}} === Biografia === Leopold Perutz nasce a Praga, nell'Impero austro-ungarico, il 2 novembre del 1882. Suo padre, Benedikt Perutz, è un importante commerciante tessile della città; sua madre Emilie è di origine austriaca. Leopold è il maggiore di 4 fratelli, successivamente infatti verranno alla luce Paul (1885), la sorella Charlotte (1888) e Hans (1892). La famiglia Perutz è di origine spagnola ma insediatasi a Rakovník, una cittadina situata ad una sessantina di chilometri dalla capitale boema già dalla metà del XVIII secolo. I Perutz sono di fede ebraica ma non professano attivamente e da lunghi anni ormai sono quello che si dice una famiglia secolarizzata. La formazione scolastica e il servizio militare Il giovane Leopold non è affatto uno studente modello, frequenta con scarsi risultati la prestigiosa scuola dei Padri Scolopi ed il ginnasio statale a Praga, dal quale viene espulso per cattiva condotta. Iscrittosi al liceo di Český Krumlov lo abbandona prima del diploma. Nel 1901 la famiglia si trasferisce a Vienna e vi instaura una fiorente attività commerciale che rimarrà attiva sino alla annessione dell'Austria da parte della Germania nazista. Leopold tenta di nuovo di completare i suoi studi liceali in un ginnasio della città austriaca, ma visti gli scarsi risultati decide di lavorare nella ditta di famiglia, sino al 1903, quando partirà come volontario per prestare servizio militare presso i vigili del fuoco di Praga da dove verrà congedato per motivi di salute nel dicembre del 1904. L'università e l'esordio letterario Negli anni successivi è con ogni probabilità nuovamente impiegato nella azienda tessile di famiglia. A partire dal 1905 frequenta le facoltà di filosofia e di matematica della Università di Vienna. Leo Perutz non è in possesso dei requisiti di ammissione ai corsi e segue pertanto come auditore straordinario le lezioni di matematica ed economia. Nel 1906 passa al Politecnico di Vienna dove si occupa di calcolo delle probabilità, statistica, matematica attuariale ed economia politica. Alcuni documenti personali rinvenuti successivamente alla sua scomparsa attestano una laurea in matematica attuariale ottenuta proprio a Vienna sebbene sembri che mai lo scrittore abbia conseguito quel diploma di scuola superiore necessario per accedere alla formazione universitaria. Durante questo periodo entra in contatto con il circolo letterario denominato Freilicht composto in massima parte da scrittori esordienti. Stringe amicizia con Richard A. Bermann, già suo compagno di classe al liceo di Vienna, che più tardi diverrà famoso con lo pseudonimo di Arnold Höllriegel, con Berthold Viertel e con Ernst Weiß. Certamente subisce l'influenza di Karl Kraus, lo scrittore austriaco autore di un monumentale dramma satirico contro la guerra: Gli ultimi giorni della umanità. Karl Kraus infatti fonda e dirige in quegli anni la rivista Die Fackel della quale Perutz è un fedele lettore. Nel febbraio del 1906 esce sulla rivista Der Weg il suo primo racconto mentre nel marzo del 1907 viene pubblicata sul Sonntags-Zeit la sua prima novella: Der Tod des Mess Lorenzo Bardi (Morte di Messer Lorenzo Bardi), ambientata nella Italia rinascimentale. === (1907-1915) La matematica attuariale e i caffè letterari viennesi === A partire dall'ottobre del 1907 Leo Perutz è a Trieste, impiegato come matematico attuariale presso la Assicurazioni Generali, la stessa compagnia assicurativa per la quale, nello stesso periodo, nella agenzia praghese lavorerà Franz Kafka con analoghe mansioni. All'ordinario lavoro di statistico Perutz affianca la pubblicazione di recensioni e racconti. Nel 1908 lascia Trieste per Vienna, dove è impiegato presso la compagnia di assicurazione Anker, impiego che manterrà sino al 1923. Come statistico attuariale Leo Perutz lascerà un contributo scientifico importante occupandosi principalmente di calcolo dei tassi di mortalità, pubblicando interventi su diverse riviste del settore e ricavando la cosiddetta formula di equivalenza di Perutz, formula matematica che verrà utilizzata ancora a lungo nel calcolo attuariale. Per tutta la vita lo scrittore si interesserà ai problemi matematici e la matematica rivestirà un ruolo chiave nella costruzione della sua opera letteraria. A Vienna Leo Perutz frequenta numerosi caffè letterari fulcro di una vitalità culturale nuova ed alternativa che, sostenuta spesso da editori capaci ed intraprendenti, si oppone alla rigidità degli ambienti accademici. In locali come il Café Museum o il Café Central si riuniscono gruppi di amicizia, scrittori dilettanti, amatori, irregolari della letteratura che trascorrono il loro tempo nella lettura reciproca dei propri testi e nel gioco di società. Alla sua cerchia di conoscenze appartengono personalità importanti della cultura mitteleuropea di quegli anni: Peter Altenberg, Hermann Bahr, Oskar Kokoschka e Alfred Polgar. Negli anni che vedono l'Europa avviarsi verso il primo conflitto mondiale, Leo Perutz prenderà attivamente parte alla vita culturale della capitale austriaca ma si dedicherà anche allo sport, in particolare a quello sci che ama molto. Compirà numerosi viaggi che lo porteranno a visitare diversi paesi del bacino del Mediterraneo: Francia, Italia, Spagna, il Nordafrica, la Turchia, il Libano, la Palestina e l'Egitto. Quello di Leo Perutz è uno stile di vita difficilmente sostenibile con lo stipendio di un impiegato assicurativo, ragion per cui è facile ipotizzare che in questo periodo lo scrittore usufruisca di un contributo economico proveniente dalla famiglia. (1915-1918) I primi successi letterari e la guerra Nel 1915 vede la luce a Monaco di Baviera il primo romanzo dello scrittore: Die dritte Kugel (La terza pallottola) e nel 1916 un secondo romanzo, scritto in collaborazione con Paul Frank, Das Mangobaumwunder (Il miracolo dell'albero di Mango). Entrambi i romanzi ottengono un discreto successo editoriale. In particolare Die dritte Kugel, che viene recensito in termini molto lusinghieri da Kurt Tucholsky. In un periodo nel quale il cinema è appena ai suoi esordi vengono immediatamente venduti i diritti cinematografici de Das Mangobaumwunder; il romanzo verrà portato sugli schermi nel 1921 con il titolo Das Abenteuer des Dr. Kircheisen (L'avventura del dottor Kircheisen), per la regia di Rudolph Biebrach. Leo Perutz non si lascia coinvolgere dall'entusiasmo bellicistico e interventista che anima parecchi scrittori di quel periodo. Inizialmente, a causa della forte miopia che lo aveva costretto ad abbandonare i vigili del fuoco nel 1904, non viene richiamato al fronte ma nell'agosto del 1915 viene ugualmente mobilitato e trasferito a Budapest per un corso di addestramento al termine del quale, nel marzo del 1916, è inviato direttamente a combattere sul fronte orientale. Nel luglio dello stesso anno rimane ferito gravemente ai polmoni e, colpito da setticemia, è costretto ad una lunga degenza in un ospedale militare. Viene dimesso circa un anno dopo con il grado di tenente e inviato a prestare servizio presso il quartier generale dell'esercito austriaco dove ricoprirà essenzialmente incarichi di tipo amministrativo e di crittografia all'interno della sezione cifra e dove incontrerà Egon Erwin Kisch che successivamente si affermerà come uno dei più importanti giornalisti e reporter della prima metà del secolo. Nel marzo del 1918 sposa Ida Weil, una ragazza di 13 anni più giovane che aveva conosciuto nel 1913. (1918-1928) Il successo Sempre nel 1918 viene pubblicato il suo primo grande successo editoriale Zwischen neun und neun (Dalle nove alle nove), un romanzo che verrà accolto con grande favore dalla critica ufficiale che, in taluni casi, arriverà a paragonare Perutz a Dostoevskij. Il romanzo viene acquistato da una casa cinematografica statunitense che però non ne farà seguire alcun film. È sempre a Vienna che lo scrittore segue con attenzione e partecipazioni gli eventi epocali che contraddistinguono gli anni a cavallo tra il 1918 e il 1919. Si iscrive al Partito Social Democratico e partecipa a numerose manifestazioni politiche, pubblica diversi articoli nei quali attacca con violenza la giustizia militare austriaca e di tanto in tanto prende parte ai consigli di fabbrica della azienda per la quale lavora. Le sue simpatie partitiche non sono comunque determinate da orientamenti ideologici quanto da pure aspirazioni; il partito social democratico infatti è quello che in quegli anni sostiene con più convinzione l'Anschluss, ovvero il ricongiungimento della Austria post-bellica alla giovane repubblica tedesca, meglio conosciuta come Repubblica di Weimar. Leo Perutz crede in questa riunione come in una possibilità di invertire le sorti dell'intero continente europeo avviato, nella sua visione, verso la catastrofe e vede nel parlamentarismo repubblicano alla tedesca, a vasta rappresentatività popolare, una luminosa via di salvezza. Gli anni tra il 1918 e il 1919 sono anche anni molto produttivi dal punto di vista letterario. In questo periodo Leo Perutz pubblica sei romanzi che risulteranno tra i più apprezzati da pubblico e critica. La sua produzione non si fermerà ai romanzi ma si estenderà anche ai racconti brevi, alle novelle e persino alle sceneggiature. Nel 1928 vede la luce il romanzo Wohin rollst du, Äpfelchen... (Dove rotoli, piccola mela - comparso in Italia con il titolo "Tempo di spettri"), pubblicato a puntate sulla Berliner Illustrirte Zeitung. Il successo riscosso rende famoso Perutz anche in Germania. Grazie alla notorietà raggiunta in questo periodo si allarga considerevolmente la cerchia di intellettuali legati allo scrittore anche da semplice relazione epistolare: Bertolt Brecht, Theodor Kramer, Anton Kuh, Robert Musil, Friedrich Reck-Malleczewen, Alexander Roda Roda e Franz Werfel, solo per citarne alcuni; in particolare l'amicizia con Bruno Brehm, il romanziere austriaco che più tardi sposerà con entusiasmo la ideologia e la causa nazista in Austria, costerà allo scrittore di origine ebraica durissime critiche, ma rimarrà salda per tutta l'esistenza di Perutz che, finita la guerra, con vigore difenderà l'amico, testimoniandone generosamente le convinzioni antirazziste. Brehm d'altra parte non fu il solo intellettuale amico di Perutz che risulterà pesantemente coinvolto con il nazismo, tra gli intimi dello scrittore troviamo infatti anche Josef Weinheber, il poeta viennese suicida al crollo del Terzo Reich e Mirko Jelusich autore di alcuni romanzi storici che inneggeranno palesemente alla figura del Führer. Con tutti questi ed altri intellettuali lo scrittore ebreo praghese condivide il senso di non appartenenza, di marginalità culturale, di anticonformismo, di esclusione dai grandi circoli accademici della letteratura; una originalità alla quale si interesserà, strumentalmente e con mostruose manipolazioni, la propaganda di regime, operazione questa dalla quale Perutz rimarrà fortunatamente immune. Il punto di incontro di questo gruppo di intellettuali è rappresentato dal Café Herrenhof a Vienna. Nel retrobottega del caffè Perutz dispone sempre di un tavolo dove è solito giocare intense e passionali partite di carte e tarocchi con i suoi amici, lasciandosi andare a scenate talvolta anche violente. Sempre in questo periodo Leo Perutz incontra Alexander Lernet-Holenia, il romanziere austriaco che si definirà più tardi discepolo e che curerà la pubblicazione postuma dell'ultimo romanzo perutziano: Der Judas des Leonardo (Il Giuda di Leonardo). I coniugi Perutz sono una coppia felice: Ida e Leo abitano a partire dal 1922 in un appartamento di 4 stanze in prossimità del Liechtensteinparks, a Vienna. Nel 1920 nasce Michaela, la primogenita dei Perutz alla quale, nel 1922, fa seguito Leonora e nel 1928 Felix, il terzogenito. La famiglia Perutz viaggia molto in Europa e al seguito di questi viaggi lo scrittore pubblica diversi articoli su alcuni quotidiani viennesi. Tra il 1926 e il 1927 Perutz è corrispondente dalla Russia, nello stesso periodo si occupa della traduzione dal francese di alcuni romanzi di Victor Hugo. (1928-1933) La crisi personale ed economica Poco dopo la nascita dell'ultimo figlio muore la giovane moglie Ida e l'evento tragico getta in una profonda disperazione lo scrittore, che in alcuni momenti arriva a rasentare lo squilibrio mentale. Sebbene fortemente scettico e riluttante, Leo Perutz inizia a frequentare medium e occultisti nel tentativo di stabilire un contatto con lo spirito della moglie morta. La profonda crisi economica finanziaria che sconvolge il mondo alla fine degli anni venti colpisce anche l'editoria riducendo considerevolmente le entrate della famiglia. La fiorente azienda tessile, di proprietà del fratello Hans, vede ridursi sensibilmente i profitti. Collabora dal punto di vista letterario con il suo grande amico Alexander Lernet-Holenia nel tentativo di accrescere le magre entrate; con Paul Frank e Hans Adler tenta di occuparsi anche di teatro componendo diverse pieces che otterranno però alterne fortune. Nel 1933 esce il romanzo St.Petri-Schnee (La neve di San Pietro), ma in Germania il nazismo è già al potere e il libro viene distribuito a malapena nelle librerie; Leo Perutz non è ancora inserito nella lista degli autori proibiti dal regime, ma la sua casa editrice, la Zsolnay, è di proprietà di un imprenditore ebreo e pertanto ne viene proibita la commercializzazione nel Terzo Reich. Con la perdita del mercato editoriale tedesco si assottigliano ulteriormente e in modo drammatico per lo scrittore boemo le risorse economiche. (1934-1945) L'esilio in Palestina Nel 1935 Leo Perutz sposa la sua seconda moglie: Grete Humburger. Nel 1936 esce presso l'editore Zsolnay di Vienna quello che egli considererà il suo romanzo preferito e meglio riuscito: Der schwedische Reiter (Il cavaliere svedese), al quale aveva lavorato sin dal 1928. Nel marzo del 1938 l'Austria è annessa alla Germania nazista e lo scrittore è costretto ad abbandonare Vienna con la sua famiglia. Inizialmente è l'Italia la sua destinazione, soggiorna infatti brevemente a Venezia e più a lungo a Forte dei Marmi in attesa di un visto per la Palestina. Dalla città toscana il 10 settembre 1938 la famiglia Perutz, cedendo alle pressioni del fratello Hans, convinto sionista che aveva nel frattempo trasferito la azienda familiare a Tel Aviv, si imbarca per Haifa. Lo scrittore considera la destinazione medio-orientale un vero e proprio esilio: in realtà infatti Leo Perutz avrebbe preferito una destinazione europea o nord americana. L'esperienza della Palestina si rivela per lo scrittore dura e difficile sin dagli inizi. Leo Perutz non nutre particolari entusiasmi per la causa sionista; inoltre soffre la distanza dalla cultura europea con la quale era in contatto costante e alla quale rimarrà sempre legato. Perutz è accolto calorosamente dalla comunità ebraica di Tel Aviv. Nel 1939 è eletto membro del Pen-club della città e nel 1940 ottiene la cittadinanza ebraica. Nonostante l'ambientamento e la relativa tranquillità economica che proviene dal sostegno familiare, vivrà sempre con un senso di profondo disagio quegli anni, trascorsi nel ricordo degli amici rimasti in Europa. Per lo scrittore non è immaginabile alcun contatto con gli ambienti culturali ebraico-palestinesi: non ha infatti rapporti con le diverse riviste e con le associazioni che gli esiliati hanno fondato. Perutz mantiene anche dei rapporti limitati con gli altri membri di lingua tedesca della comunità ebraica in esilio, persino con Max Brod (lo scrittore praghese al quale va il merito tra l'altro di aver salvato dalla distruzione tutti i manoscritti kafkiani) e Arnold Zweig entrambi incontrati nel Pen-club. Perutz parla e scrive un ebraico stentato, si ostina invece ad utilizzare esclusivamente il tedesco, quella che è considerata la lingua del nemico in un periodo della guerra nel quale le truppe dell'Asse italo-tedesco sembrano davvero in grado di sfondare il fronte in Egitto e di dilagare sino alla Palestina. Il suo non è un atteggiamento provocatorio nei confronti della élite sionista della colonia inglese quanto una dichiarazione di identità culturale, l'unica identità alla quale lo scrittore appartiene, quella mitteleuropea. La moderna, caotica e afosa Tel Aviv non si addice a Perutz; così la famiglia, nei mesi estivi, si trasferisce a Gerusalemme, della quale lo scrittore apprezza molto l'atmosfera e il clima più fresco. È facile incontrarlo per i vicoli della città vecchia mentre indossa la sua inseparabile cravatta di foggia europea e lo strano anello con inciso un pesce e la scritta contra currentem. Su consiglio del fratello inizia a lavorare ad un manuale di bridge con il solo intento di migliorare le sue condizioni finanziarie. Il manuale verrà pubblicato anonimo negli Stati Uniti. Nel 1941, grazie all'interessamento di alcuni amici emigrati in Argentina e all'aiuto di Jorge Luis Borges, che diverrà in seguito uno dei suoi massimi estimatori e promotori, alcuni libri vengono tradotti e pubblicati in spagnolo. In questo periodo Perutz scrive pochissimo e si dedica essenzialmente a ricerche storiche. (1945-1957) Il ritorno dall'esilio e la morte Già nel 1945 Perutz tenta di rientrare in Austria con tutta la famiglia, ma la confusione generale che regna in Europa alla fine del secondo conflitto mondiale rende la cosa impossibile. Nel 1947 la fondazione dello stato di Israele non viene accolta con grande entusiasmo dallo scrittore, convinto avversario di ogni forma di nazionalismo. Nella nascita di uno stato a forte identità religiosa Perutz vede la fine di una sua personale illusione, quella di vivere in un luogo, in una nuova patria a cavallo tra due culture, tra due mondi: quello occidentale che identifica la sua provenienza e l'oriente affascinante ed arcaico che rappresenta invece una conferma della sua vocazione. Si dispiace della nuova realtà e si rammarica per il destino della stessa Gerusalemme, una città che, divisa, perde tutta la sua magia e la sua atmosfera. L'espulsione degli arabi inoltre viene vissuta da Perutz con profonda disapprovazione ed accresce nello scrittore il senso di disagio. Nel 1948 scrive ad alcuni amici: La Palestina è cambiata... Gli arabi sono quasi scomparsi nella zona che ci appartiene. Non amo il nazionalismo e nemmeno il patriottismo, sono entrambi colpevoli di ogni disgrazia. Egli cerca ripetutamente di tornare in Europa, ma la guerra che nel frattempo è scoppiata tra Israele e i paesi arabi confinanti impone delle severe restrizioni a coloro che intendono recarsi all'estero. Solo nel 1950, dopo diversi tentativi, Perutz ottiene per la prima volta il permesso di rientrare in Austria. Nel 1951 i Perutz ottengono nuovamente la cittadinanza austriaca e inizia per lo scrittore un pendolarismo tra Medio Oriente e Austria che lo accompagnerà sino alla morte. Una volta giunto nella sua Vienna lo scrittore si rimette al lavoro, ma deve attraversare un nuovo difficile momento. Nonostante la notorietà non riesce a trovare nessun editore disposto a pubblicare i suoi racconti. La causa, a giudizio delle stesse case editrici, risiede proprio nella identità ebraica di Perutz, maturata negli anni dell'esilio, giudicata in taluni casi eccessiva o comunque non adatta alle richieste del mercato. Paradossalmente quindi proprio lo stesso antisemitismo che aveva costretto lo scrittore ad abbandonare la sua patria adottiva, lo accoglie al momento del rientro, quel rientro desiderato e cercato con tanta convinzione. Questa serie di esperienze negative contribuisce ad accentuare in Perutz quel senso di non appartenenza, di marginalità che era andato maturando sin dalla giovane età. Nel 1953 esce finalmente quello che è considerato il romanzo capolavoro dello scrittore boemo: Nachts unter der steinernen Brücke (Di notte sotto il ponte di pietra). Il libro ottiene recensioni molto lusinghiere ma riesce a malapena ad essere distribuito nelle librerie a causa della bancarotta che colpisce l'editore poco dopo la sua pubblicazione. Colpito da edema polmonare, Leo Perutz muore il 25 agosto del 1957 a Bad Ischl nella regione del salisburghese, al confine tra Austria e Baviera, dove con la famiglia era solito trascorrere i periodi estivi. Il romanzo capolavoro Der Judas des Leonardo (Il Giuda di Leonardo), ambientato ancora una volta nella Italia del Rinascimento, verrà pubblicato postumo grazie all'interessamento del suo amico-discepolo Alexander Lernet-Holenia. Come ricorda Beatrice Talamo nella prefazione a La Nascita dell'Anticristo (Leo Perutz - Edizioni Studio Tesi, 1995), a partire dalla morte di Leo Perutz i suoi romanzi verranno progressivamente dimenticati e un sostanziale oblio scenderà sull'opera dello scrittore. Hans Harald Mueller, uno dei massimi conoscitori del romanziere praghese, attribuirà parte della responsabilità di questo oblio alla personalità stessa di Perutz: schiva, estremamente riservata, per tutta la vita chiusa in una sorta di atteggiamento elitario, una assoluta autonomia di giudizio, una aristocratica e quasi sprezzante indifferenza nei confronti della critica letteraria, dei vari germanisti e persino dei suoi connazionali con i quali condivise la dura esperienza dell'esilio. === La narrativa === Leo Perutz è considerato il maggiore esponente di un particolare genere di romanzo, lo storico-fantastico, che a cavallo dei due conflitti mondiali ottiene un grande successo editoriale nei paesi di lingua tedesca, affermandosi come genere abbastanza diffuso e popolare. Ad una analisi più approfondita però la narrativa dello scrittore boemo risulta imbastita su una metafisica molto complessa che rende assai riduttivo definire Perutz come pura letteratura di intrattenimento, come ebbe a dire, forse troppo precipitosamente, Bertolt Brecht. Nei romanzi di Perutz la componente fantastica non si esprime nella semplice distorsione della realtà, del fatto, del luogo o dei rapporti temporali tra i diversi momenti della narrazione, ma si insinua lentamente e con efficacia nei riferimenti tradizionali della quotidianità dei protagonisti, scardinandoli, producendone spesso la spersonalizzazione in un crescere di aberrazione che coinvolge totalmente il lettore e lo sospende in una atmosfera di cupo mistero e di piacevole disorientamento onirico. Il romanzo di Leo Perutz è un romanzo storico, di sapiente e dettagliata ricostruzione che Theodor Adorno nella sua teoria estetica non esitò a definire di assoluto valore artistico e che più tardi affascinerà e influenzerà numerosi scrittori e cineasti, che alle opere dello scrittore si ispireranno o che tenteranno di portare sul grande schermo. L'immagine che forse meglio sposa l'intreccio narrativo di Perutz è quella di un labirinto tridimensionale nella quale lo spazio occupa una sola dimensione, lasciando la seconda alla distorsione psicologica dei protagonisti e la terza alla ricostruzione storica; muoversi nel romanzo dello scrittore praghese significa perdersi in questa pluralità di suggestioni. Autore pienamente viennese Leo Perutz si nutre delle atmosfere decadenti e fin de siècle in voga nei circoli letterari della capitale austro-ungarica, ma al tempo stesso autore praghese, di quella Praga che segna il destino di tanti autori mittel-europei e che rimane scolpita, nelle immagini del ghetto, dei vicoli e delle case diroccate, nella memoria ebraica dello scrittore. Seppure fortemente connotati dal punto di vista storico i personaggi di Leo Perutz sono avulsi e marginali rispetto alla momento storico che stanno vivendo, sono uomini affetti da una forma diversificata di menomazione, menomazione che impedisce loro di possedere un senso comune della realtà oppure di mantenerlo, di non perderlo. Manca nell'autore qualsiasi intento politico e il Perutz dei grandi successi è sostanzialmente un nichilista, si interessa dei processi sociali che svolgono l'Europa tra le due guerre e li vive di persona in maniera conflittuale ma non professa un impegno, si limita alla denuncia di pericoli che vede e profetizza, come ad esempio quello della manipolazione delle coscienze o della decadenza della politica, della società, della cultura. Il Perutz matematico e statistico affiora nella costruzione logica dell'elemento surreale. Il surrealismo si sviluppa spesso intorno ad un evento casuale che, lasciato cadere nel quotidiano, dilania la cruda e anonima routine dei protagonisti, anticipando così schemi kafkiani successivi. Il reale esterno, storicamente delineato, preciso e il surreale interiore dei personaggi perutziani entrano in contatto creando un cortocircuito, un lampo accecante dal quale il lettore riemerge scegliendo la sua personale prospettiva, una individuale interpretazione di quanto è stato narrato. Romanzi e racconti Die dritte Kugel, 1915 (La terza pallottola, traduzione di Franco Stelzer, L'editore, Trento, 1989) Das Mangobaumwunder. Eine unglaubwürdige Geschichte, 1916 (Il miracolo dell'albero di mango, traduzione dal tedesco di Beatrice Talamo, E/O, Roma, 1988; Il mistero dell'albero di mango, traduzione di Anna Corbella, Reverdito, Trento, 1989) Zwischen neun und neun, 1918 (Dalle nove alle nove, traduzione di Marco Consolati, Reverdito, Trento, 1988; poi Adelphi, Milano, 2003) Das Gasthaus zur Kartaesche. Eine Geschichte aus dem alten Österreich, 1920 (La locanda alla cartuccia) Der MarquIs von Bolibar, 1920 (Il Marchese di Bolivar, traduzione di Alberto Spaini, Astrea, Roma, 1945; Il Marchese di Bolibar, traduzione di Barbara Griffini, Adelphi, Milano, 1987) Die Geburt des Antichrist, 1921 (La nascita dell'anticristo, a cura di Beatrice Talamo, Studio Tesi, Pordenone, 1995) Der Meister des jüngsten Tages, 1923 (Il maestro del giudizio universale, traduzione di Roberto Soldati, Mondadori, Milano, 1931; traduzione di Elisabetta Bolla, Serra e Riva, Milano, 1983; traduzione di Margherita Belardetti, Adelphi, Milano, 2012) Turlupin, 1924 (Turlupin, traduzione di Carlo Sandrelli, Adelphi, Milano, 2000) Der Kosak und die Nachtigall, 1928 (Il cosacco e l'usignolo) Wohin rollst du, Äpfelchen?, 1928 (Tempo di spettri, traduzione di Rosella Carpinella Guarneri, Adelphi, Milano, 1992) Herr, erbarme DIch meiner, 1930 (Signore, abbi pietà di me) St.Petri Schnee, 1933 (La neve di San Pietro, traduzione di Carlo Sandrelli, Fazi, Roma, 1998; traduzione di Fabio Cremonesi e F. Bovoli, Adelphi, Milano, 2016) Der schwedische Reiter, 1936 (Il cavaliere svedese, traduzione di Elisabetta Dell'Anna Ciancia, Adelphi, Milano, 1991) Nachts unter der steinernen Brücke. Ein Roman aus dem alten Prag, 1953 (Di notte sotto il ponte di pietra, traduzione di Beatrice Talamo, E/O, Roma, 1988; nuova edizione E/O, 2017). Der Judas des Leonardo, 1959, postumo (Il Giuda di Leonardo, traduzione di Sabrina Di Gaspere, Fazi, Roma, 1997) ===== Inklings ===== Gli Inklings furono un gruppo di discussione letteraria presso l'Università di Oxford in Inghilterra. I suoi membri, in gran parte docenti dell'Università, includevano John Ronald Reuel Tolkien, Clive Staples Lewis, Owen Barfield, Charles Williams, Adam Fox, Hugo Dyson, Robert Havard, Nevill Coghill, Charles Leslie Wrenn, Roger Lancelyn Green, James Dundas-Grant, John Wain, R.B. McCallum, Gervase Mathew, C.E. Stevens, J.A.W. Bennett, Lord David Cecil, Christopher Tolkien (il figlio di J. R. R. Tolkien), e Warren "Warnie" Lewis (il fratello maggiore di C. S. Lewis). Si riunirono durante il periodo tra gli anni trenta e cinquanta. In Italia, gli Inklings sono noti quasi esclusivamente per la presenza nel gruppo di John Ronald Reuel Tolkien e di Clive Staples Lewis. Lo stesso Tolkien, nel 1967, offrì una breve spiegazione del nome Inklings, così come una breve storia degli altri sodalizi di cui faceva parte (di fatto, gli Inklings non furono l'unica esperienza associativa di Tolkien). In questa voce si riassume la storia delle principali società e club che il professore oxoniense riuscì a creare, gli amici che ne presero parte e soprattutto i legami che saldamente si crearono. Le prime esperienze associative di Tolkien: dalla Società del Dibattito al TCBS Le prime esperienze associative organizzate Tolkien le ebbe a scuola. La sua prima partecipazione ad un “gruppo” risale al 1909, il periodo dell'incontro con la sua futura compagna Edith Bratt, della frequenza alla King Edward's School sulla New Street a Birmingham e del mancato ottenimento della sperata borsa di studio ad Oxford. In istituto era molto attiva, soprattutto tra gli studenti più anziani, la Società del Dibattito. La seconda esperienza di Tolkien - questa molto più coinvolgente, almeno emotivamente - fu sempre alla King Edward's. Edith si era trasferita da poco a Cheltenham, a casa di Mr. C. H. Jessop, a Tolkien fu vietato (da Padre Francis, suo tutore) persino di scriverle dopo che questi aveva scoperto la loro innocente relazione (in principio solo amicizia). Alla King la biblioteca scolastica era gestita dagli studenti anziani chiamati “Bibliotecari”, tra questi c'era Tolkien che, nel 1911, diede vita assieme a Christpher Wiseman, R. Q. Gilson, figlio del preside e altri quattro amici, al Tea Club che poi cambiò denominazione e divenne la Barrovian Society === Gli Inklings === Dopo questo breve preludio sull'attività associativa di Tolkien, passiamo a descrivere il gruppo che accompagnò John Ronald fino alla fine dei suoi giorni: gli Inklings. Per farlo ci avvarremo delle lettere dello stesso Tolkien indirizzate a figli e amici. È lo stesso Tolkien, che spiega il perché della nascita e del nome in una lettera dell'11 settembre 1967. La lettera fu pubblicata (apparentemente senza permesso, con l'indirizzo di Tolkien e il suo numero di telefono in cima) sul libro di White The Image of Man in C.S. Lewis (1969). «Caro Mr. White, posso darLe una breve spiegazione del nome Inklings: a memoria. Gli Inklings non hanno avuto biografo e C.S. Lewis non era Boswell. Il nome non fu inventato da C.S.L. (e nemmeno da me). In origine non era che uno scherzo da studenti, che copiava il nome di un club letterario (o di scrittori). Il fondatore era uno studente dell'University College, di nome Tange-Lean; la data non la ricordo : probabilmente a metà degli anni Trenta. Egli era, penso, più consapevole rispetto alla maggior parte degli studenti del carattere passeggero del loro club e delle loro mode, e aveva l'ambizione di fondare un club che si dimostrasse più duraturo. Comunque, chiese ad alcuni professori di farne parte. C.S.L. era una scelta ovvia e probabilmente all'epoca era insegnante di Tange-Lean (C.S.L. era un Membro dell'University College). Nell'occasione sia C.S.L., sia io ci iscrivemmo. Il club si riuniva nell'appartamento di T.-L. all'University College; la sua regola imponeva ad ogni membro di leggere ad alta voce delle composizioni inedite. L'accordo era che queste sarebbero state sottoposte a critica. Inoltre se il club lo riteneva opportuno una di queste composizioni poteva essere messa ai voti per vedere se era degna di entrare in un registro (Io ero incaricato di tenere questo registro). Tange-Lean dimostrò di avere ragione. Il club morì subito; nel libro non entrò nulla: ma C.S.L. ed io restammo. Il nome venne poi trasferito (da C.S.L.) a quella cerchia mobile e variabile di amici che si raccoglieva intorno a C.S.L. e si riuniva nel suo appartamento al Magdalen. Benché fosse nostra abitudine leggere ad alta voce composizioni di vario genere (e lunghezza!), questa associazione e questa abitudine sarebbero comunque nate in quel periodo, sia che fosse esistito il club precedente o meno. C.S.L. aveva una vera passione per ascoltare le cose lette ad alta voce, una capacità di memoria per le cose ricevute in quel modo, e inoltre una facilità nella critica estemporanea, caratteristiche che (specialmente quest'ultima) nessuno dei suoi amici condivideva. Ho definito il nome uno “scherzo”, perché era una trovata gradevolmente ingegnosa a suo modo, che faceva pensare a persone con vaghe idee e inclinazioni abbozzate e che pasticciavano con l'inchiostro. Potrebbe essere stato suggerito a C.S.L. da Tange-Lean (se studiava con lui); ma non l'ho mai sentito affermare di essere stato lui ad inventare il nome. Inklings è usato, per lo meno in questo paese, molto comunemente nel senso che Lei cita dagli scritti di C.S.L. (ricordo che quando ero studente ci fu, per poco tempo, un club di studenti chiamato “Discus”, che suggeriva un tavolo rotondo da conferenze, e “discuss” era un club in cui si discuteva). Con i migliori auguri, Sinceramente Suo. J. R. R. Tolkien.» === Il precedente dei Kolbitar === Il gruppo dunque prese vita agli inizi degli anni Trenta – si sa solo che nel 1933 Tangye Lean lasciò il College per una carriera da giornalista televisivo e quindi fu probabilmente in questa data che risale “l'appropriazione” di Lewis. Tolkien comunque, prima di far parte del sodalizio del Magdalen College, aveva creato un gruppo, formato da soli docenti universitari, chiamato Kolbitar (o Coalbiters). Il gruppo era formato dallo stesso Tolkien, da John Bryson, Gorge Gordon (preside del Magdalen), Nevill Coghill (dell'Exter)C. T. Onions e C. S. Lewis. Scopo degli incontri: la lettura di saghe islandesi (il nome, infatti, proveniva dalla tradizione islandese). Dai Kolbitar agli Inklings[modifica | modifica wikitesto] Dopo aver esaurito lo scopo dei Coalbiters, “si tuffò” negli Inklings e nelle riunioni organizzate da Lewis nella sua camera al Magadalen. Ma chi erano i partecipanti alle riunioni? I più illustri furono senza dubbio: lo stesso Tolkien, Charles Walter Stansby Williams, Clive Staples Lewis, Adam Fox e Christopher Tolkien. Gli incontri erano fissati per il giovedì, nella camera di Lewis e il martedì a pranzo "all'Eagle and Child", chiamato anche "The Bird and Baby" per via dell'insegna che raffigurava il piccolo Ganimede rapito dall'Aquila di Giove. Tolkien amava chiamare gli Inklings il nostro circolo letterario di poeti di mestiere, ed amava scrivere i resoconti di tali incontri - nei quali venivano letti i lavori di ognuno. Ricordiamo che i primi ad ascoltare i passi de Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, furono proprio i membri di quel sodalizio - al proprio figlio in guerra, come testimoniano le diverse lettere a noi giunte (e intendo quelle sinora conosciute e pubblicate). La prima lettera, datata 31 maggio 1944, è indirizzata al figlio Christopher. Nella lettera, Tolkien racconta dell'incontro avuto con gli altri Inklings e del tema della riunione la lettura di un capitolo del libro di Warnie Lewis sull'epoca di Luigi XIV (a me è sembrato molto buono); e di alcuni stralci da Who Goes Home? di C.S.L. oltre allo stato di avanzamento del Signore degli Anelli. ==== Letteratura e filosofia ==== In un'altra lettera, datata 23-25 dicembre 1944, sempre indirizzata al figlio Cris, Tolkien sviluppa temi a lui cari: Libertà e Dio. Racconta della riunione con gli Inklings, tenuta il giovedì e di una passeggiata con Williams “come in tempo di pace”: Lui scrive ho fatto un pezzo di strada con C.W. ; intanto la nostra conversazione è scivolata sulla difficoltà di scoprire quali fattori comuni, se ce ne sono, esistono nelle nozioni associate a quella di libertà, com'è intesa oggi. Riferendosi alla propaganda di guerra che ne ha abusato(del termine libertà n.d.c.) da farle perdere qualsiasi valore razionale e farla diventare soltanto un'emozione per scaldare gli animi. E le riunioni agli Inklings, erano anche motivo di scontro verbale sugli scritti di alcuni membri. Come lo dimostra una lettera di Tolkien a Lewis del 1948, nella quale si addolora per delle parole, poco gradite dette ad una riunione degli Inklings su uno scritto letto dall'amico Lewis. Riunioni conviviali Oltre alle riunione e alle letture, vi erano anche delle cene come scrisse Tolkien, il 10 febbraio del 1952, al figlio maggiore John fattosi sacerdote cattolico. Egli scrive abbiamo avuto una “festa al prosciutto”con C.S. Lewis giovedì (un prosciutto americano del dottor Firor dell'Università Johns Hopkins), ed è stato un po' come tornare ai vecchi tempi: discussioni tranquille e razionali (dato che Hugo non era stato invitato!). C.S.L. aveva invitato Wrenn, ed è stato bene, perché gli ha fatto piacere ed è stato molto gradevole: un buon passo dal suo distoglimento dalla politica (accademica). Gli Inklings erano qualcosa di più di un club letterario Questi brevi passi che fanno riferimento agli Inklings mostrano come il sodalizio, fosse più di un semplice club di letterati. Lì muovevano i primi passi dei libri, forse più famosi, di quel periodo letterario se non del '900 (come Il Signore degli Anelli). Spesso si veniva influenzati dai commenti degli altri membri, spesso ci riscontrava su temi come la fede e la libertà (ricordiamo lo scambio di battute tra Tolkien e Lewis sulla fede in Dio). Qualcosa rimane degli Inklings: la Mythopoeic Society Le tracce degli Inklings arrivano sino ai nostri giorni. La Mythopoeic Society è un'associazione internazionale fondata nel 1967, il primo presidente onorario fu lo stesso Tolkien. L'associazione è finalizzata allo studio e discussione della letteratura fantastica, specialmente nelle opere di Tolkien, Lewis e Charles Williams, i tre membri più famosi degli Inkilings. La partecipazione all'associazione è aperta agli studiosi, agli scrittori e ai semplici lettori di questo genere di letteratura. L'associazione promuove tre periodici: Mythprint è un mensile di recensioni, articoli e alte notizie di interesse per i membri dell'associazione. Mythlore è un giornale che pubblica articoli di studio sul mitico e sul fantastico. Mythic Circle è un periodico annuale con poesie originali e brevi saggi. Ogni estate l'associazione organizza la Annual Mythopoeic Conference. Bibliografia C. Tolkien, H. Carpenter, La realtà in trasparenza, Rusconi, Milano 1990 H. Carpenter, J.R.R. Tolkien, la Biografia, Fanucci, 2002 H. Carpenter, Gli Inklings – Tolkien, Lewis, Williams & Co., Jaca Book, 1985 D. Grotta, Vita di J.R.R. Tolkien, Rusconi, Milano 1983 M. White, La vita di J.R.R. Tolkien, Bompiani, Milano 2002 P. Gulisano, Tolkien: il mito e la grazia, Ancora, 2001 ---- ===== Musil ===== «Heimat», giornale di trincea in 11 lingue. Il sogno fallito del soldato Musil «Non è necessario saper fare versi, per essere poeta; il poeta vede le cose come fosse la prima volta; ogni soldato che si renda imparzialmente conto di quanto vede, diventa poeta». Scintilla d’intelligenza, curiosità, entusiasmo, l’appello di Robert Musil ai soldati austriaci perché collaborino col giornale del quale in quel 1916 è direttore, la «Tiroler Soldaten-Zeitung» di Bolzano. Bastano una foto, una nota, una lettera… «Il ricordo è un apparecchio scadente — scrive —. Tra un paio di anni non avrete più una chiara visione di ciò che è stato. Le immagini elaborate dagli scrittori delle retrovie vi sembreranno realtà. Mancherà la parte migliore, la parte viva, ai limiti dell’immaginabile, di quello che ora vi attornia ad ogni istante». {{ :halloffame:musil-pubdomain.jpg |}} «L’ultimo giornale dell’Imperatore», curato da Massimo Libardi e Fernando Orlandi e tradotto da Davide Zaffi, è pubblicato dall'editore Reverdito (pp. 256, euro 18) Immagini come quelle impresse da lui stesso: «Quella notte il buio si poteva tagliare col coltello; gli occhi di chi procedeva a tastoni fra le case urtavano contro l’oscurità che pareva fatta di legno. Fuori, là dove il terreno si elevava, brillavano piccole stelle giallo-scure che non emanavano luce, ma andava un po’ meglio; dalla vastità dello spazio fluiva un chiarore opaco, incerto, che diluiva la notte. (…) Quando arrivò, il mattino si distese come un panno sottile e inzuppato». Poesia. Eppure le alte sfere dell’esercito asburgico restarono colpite soprattutto dall'insistenza con cui il già famoso autore de I turbamenti del giovane Törless batteva e ribatteva su idee come Austria, Stato, Patria, Fedeltà… Fu così che nel marzo 1918 gli chiesero di dar vita a un giornale, «Heimat», che parlasse a tutti i soldati nelle varie lingue dell’impero: «Come la Monarchia anche l’esercito era plurilingue: undici quelle ufficialmente riconosciute. Gli ufficiali parlavano il tedesco, mentre i sottufficiali parlavano oltre a un tedesco veicolare anche una delle lingue riconosciute e parlate dalla truppa — spiegano gli storici Massimo Libardi e Fernando Orlandi ne L’ultimo giornale dell’Imperatore, che raccoglie gli articoli del grande scrittore —. Ogni unità era caratterizzata da una lingua “ufficiale” scelta tra quelle parlate in base alla percentuale di appartenenza della truppa ad un determinato gruppo linguistico». Il volume edito da Reverdito è la prima edizione mondiale dei testi di Robert Musil pubblicati sulla rivista «Heimat» (qui sopra), recuperati dopo lunghe ricerche in diversi Paesi europei Le edizioni di «Heimat» oltre a quella tedesca saranno in realtà meno: quelle in ceco («Domov»), ungherese («Üzenet») e croato («Domovina»). Le altre? Lasciate cadere. Tanto più che in italiano, nell'allora Triveneto dove stava il fronte, uscivano già dalle stamperie austriache dei falsi come «La Gazzetta del Veneto» e «La Domenica della Gazzetta» uguale identica alla «Domenica del Corriere» in ogni dettaglio tipografico, comprese le scadenti imitazioni delle copertine di Achille Beltrame. Robert Musil (a destra) nel 1915: si era arruolato allo scoppio della Prima guerra mondiale. Certo è che, nonostante fosse stata varata anche per ribattere colpo su colpo alla propaganda italiana, considerata più efficace, «Heimat» riuscì sì ad arrivare a una tiratura di 31 mila copie ma senza mai avere la freschezza, l’inventiva, l’arte di parlare alle truppe dei giornali di trincea italiani. Da buon ufficiale figlio d’un ufficiale e tirato su in un’accademia per ufficiali, Musil lasciò cadere l’impronta della «Tiroler Soldaten-Zeitung», venata di ironia o malinconia, per andar dritto al punto: appoggio pieno e totale all’Austria e alla guerra. I militari volevano questo. E lui, agli ordini, questo fece. Ed ecco gli attacchi a quanti vogliono che «sia una conferenza mondiale della pace, e dunque con la cooperazione dei francesi, degli italiani e degli inglesi, a regolare la posizione degli slavi fra i popoli dell’Austria-Ungheria» e «fanno occhi dolci al nemico» senza capire che «ogni voce di questo genere prolunga la guerra di una settimana» e «ogni giorno di detta settimana costa migliaia di morti e di invalidi che sono i nostri fratelli e i nostri figli!». I moniti al silenzio: «Anche se il singolo soldato non conosce le intenzioni e i progetti dei massimi responsabili dell’esercito, tuttavia sente cose che, se registrate da orecchie malevole, possono finire col danneggiarci». E poi la ringhiosa difesa dell’Austria accusata di opprimere i popoli quando al contrario questi erano liberi di lamentarsi: «I popoli oppressi non gridano, non possono gridare. Sono silenti, hanno la bocca tappata, nessun lamento oltrepassa le mura entro le quali li tiene rinchiusi il loro oppressore. Lo vediamo nel caso dell’Irlanda, neanche una sillaba oltrepassa la Manica». E le certezze assolute nella vittoria: «Senza dubbio l’Austria-Ungheria ha conseguito in questa guerra mondiale grandi successi. Successi inauditi, che noi stessi non siamo in grado di valutare bene e infatti li valuta l’estero. Lo fa con meraviglia e a denti stretti». È in guerra e fa la guerra, il soldato Musil. Attacca i tirolesi trentini che vanno a Praga a far proclami «nel nome degli italiani d’Austria» tirandosi addosso «le parole più stizzite e i rimproveri» perfino di tanti triestini che sì, «continueranno la lotta per i loro diritti nazionali» ma sanno che «la Trieste austriaca è una città fiorente, una città portuale ambiziosa, la città portuale dell’Austria» quando invece se passasse di là «sarebbe solo uno dei molti porti d’Italia, del tutto decentrato». Mette in guardia contro i comunisti usando per parole di Maksim Gor’kij: «Uno dei principali risultati della grande Rivoluzione è che in Russia tutto quel che si può rubare viene rubato. Si saccheggiano le Chiese e i Musei, si vendono i fucili e i cannoni, si rubano i generi alimentari e i gli sbandati mettono a sacco i palazzi dei granduchi di un tempo. È diventato un paradiso per ladri, saccheggiatori e assassini…». Durissimo con i nemici interni come «gli usurai e gli speculatori, quelle figure dubbie della nostra vita economica che con un piede sono ancora nella società onesta, con l’altro sono già in galera» e furente con gli speculatori («rimasti a livello delle bestie più selvagge» fino a «creare una casta o corporazione molto unita»), il futuro autore dell’Uomo senza qualità che morirà in esilio in Svizzera ce l’ha soprattutto con chi insulta la sua idea dello Stato: «Di continuo si sentono camerati che parlano dello Stato come se non ne facessero parte, il che naturalmente è una sciocchezza. Perché, come l’Armata si compone di tutti i soldati, dall'ultimo attendente su su fino al Comandante supremo, così anche lo Stato è composto da tutti coloro che abitano all'interno delle sue frontiere, dal contadino di montagna fino al ministro e all'Imperatore». Ironizza: «Ah, certo! Senza Stato sarebbe tutto più bello. Ma per questo bisognerebbe prima di tutto che noi uomini fossimo più belli di quel che siamo. E non solo più belli ma anche migliori, molto migliori. Lo Stato è infatti un male necessario lì dove molte persone molto diverse vivono assieme». Finita la guerra, morto l’Imperatore e frantumato il suo mondo, affiderà ai diari l’amarezza dei «delusi fino alla nausea più profonda»: «Per sapere come si arriva alla pace, occorre porsi la domanda su come si sia arrivati alla guerra. Credo che la risposta esatta sia: perché eravamo sazi di pace…». Il saggio e un convegno sugli inediti del «capitano» «Ci avviciniamo alla pace: con passi lenti certo, ma sicuri». Così scriveva Robert Musil nel primo dei suoi articoli su «Heimat». Lo scrittore austriaco, allora già noto per I turbamenti del giovane Törless (1906) e forte dell’esperienza bolzanina alla direzione della «Soldaten-Zeitung», era stato chiamato alla guida del nuovo «settimanale patriottico» nel marzo 1918. Il giornale resisterà fino al 24 ottobre, precedendo di poco il crollo dell’Impero austro-ungarico. Finora inediti, gli articoli di Musil sono ora pubblicati nel volume L’ultimo giornale dell’Imperatore (Reverdito), che è anche punto di partenza del convegno Heimat: l’ultima guerra del capitano Robert Musil in programma il 12 e 13 aprile nella Biblioteca Archivio del Csseo di Levico Terme, Trento, che ha promosso la pubblicazione del libro. ---- ===== Helena Blavatsky ===== Helena Blavatsky nel 1877 Eléna Petróvna von Hahn, in russo Еле́на Петро́вна Ган, coniugata Blaváckij; anglicizzata in Helena Blavatsky, Madame Blavatsky (Dnipro, 12 agosto 1831 – Londra, 8 maggio 1891), è stata una filosofa, teosofa, saggista occultista e medium russa naturalizzata statunitense. Nota anche con le iniziali del suo acronimo, HPB, fu la co-fondatrice della Società Teosofica nel 1875; comeleader*teorica internazionale della teosofia moderna compilò testi di esoterismo e occultismo quali *Iside svelata e La dottrina segreta. Nata da una famiglia aristocratica di origini russo-tedesche in terra di Ucraina, fin da bambina viaggiò lungamente per tutto l'impero russo. In gran parte autodidatta, sviluppò un forte interesse nei confronti dell'esoterismo occidentale durante l'adolescenza; secondo le sue successive dichiarazioni, dal 1849 intraprese una serie di viaggi in tutto il mondo, visitando il continente europeo, le Americhe e il subcontinente indiano. Nel corso di questo periodo avrebbe avuto modo d'incontrare un gruppo di adepti spirituali denominati i "Maestri dell'antica sapienza" i quali la invitarono a Shigatse nel Tibet, ove l'addestrarono per farle sviluppare i suoi innati poteri psichici. All'inizio degli anni settanta del XIX secolo, rimase coinvolta nel movimento dello spiritualismo; pur difendendo l'essenza genuina dei fenomeni, argomentò contro l'idea che le entità contattate fossero spiriti dei defunti (ciò che connota invece specificamente lo spiritismo). Queste entità erano, a suo dire, personalità umane già reincarnatesi più volte, ma che avendo raggiunto certi gradi di iniziazione previsti dal discepolato teosofico, erano ascese ad uno stadio superiore alla morte, e adesso dal loro piano astrale erano divenute pertanto capaci di rigenerare o dissolvere deliberatamente il proprio corpo fisico, per poter comunicare con i comuni mortali.[1] Trasferitasi negli Stati Uniti d'America intorno al 1873, instaurò un solidale rapporto d'amicizia con Henry Steel Olcott e cominciò a farsi notare dall'opinione pubblica attirando su di sé l'attenzione in qualità dimedium. A New York fondò la moderna "Società Teosofica" con l'aiuto di Olcott e di William Quan Judge, nel 1875. Due anni dopo fece pubblicare Iside svelata, un testo ispirato dai maestri che illustra la sua visione teorica sui retroscena occulti del mondo e della storia. Associandola strettamente con le dottrine esoteriche dell'ermetismo e del neoplatonismo, Blavatsky descrisse la teosofia come «la sintesi della scienza, della religione e della filosofia», affermando il proposito di far rivivere in forma nuova la grande sapienza dei misteri antichi, già intravista a suo tempo dalle religioni maggiori. Nel 1880 si trasferì nell'impero anglo-indiano in compagnia di Olcott, dove la Società si allineò con l'"Arya-Samaj" (un movimento riformista dell'Induismo). In quello stesso anno, nell'isola di Ceylon, divennero i primi occidentali a convertirsi ufficialmente al Buddhismo. Seppure fortemente contrastata dall'amministrazione coloniale britannica, la Società si diffuse rapidamente in molti territori indiani. Aggravatosi il suo stato di salute, nel 1885 fece ritorno in occidente, dove creò la "Blavatsky Lodge" a Londra nel 1887; qui pubblicò La dottrina segreta, un commento su ciò che affermava essere scritto in antichissimi manoscritti tibetani. I due libri seguenti furono La chiave della filosofia*e il romanzo *La voce del silenzio. Morirà d'influenza nel 1891 a 59 anni. Rimarrà una figura assai controversa per tutta la vita, appoggiata da sostenitori che la videro come una Guru illuminata; mentre venne derisa come ciarlatana e plagiatrice fraudolenta da parte dei critici più severi. Le sue dottrine teosofiche influenzarono la diffusione del pensiero induista, ma soprattutto della storia del buddhismo in Occidente, nonché lo sviluppo di correnti esoteriche occidentali come l'Ariosofia, l'Antroposofia e i movimenti della New Age dopo la metà del XX secolo. ==== Biografia ==== Lo sviluppo di un resoconto affidabile sui primi anni della vita di Helena risulta essere assai difficoltoso per i biografi, in quanto in seguito ella deliberatamente fornì relazioni contraddittorie e falsificazioni sul proprio passato[2]; inoltre pochissimi dei suoi scritti anteriori al 1873 sopravvissero, il che significa che si deve fare affidamento solamente sui testi successivi[3]. Le narrazioni dell'infanzia fornite dai familiari sono state considerate sempre col beneficio del dubbio[4]. {{ :halloffame:gettyimages-919807794-612x612.jpg |}} === Nascita e famiglia === Elena Petrovna von Hahn nacque a Ekaterinoslav (città ucraina facente parte dell'impero russo ed oggi nota col nome di Dnipro), figlia primogenita di Pëtr Alekseevič von Hahn - di ascendenze tedesche del Baltico - e di Elena Andreevna Fadeeva. La sua effettiva data di nascita fu il 12 di agosto, anche se secondo il calendario giuliano allora ancora in vigore nei territori russi fu il 31 di luglio. Venne battezzata secondo il rito della Chiesa ortodossa russa. All'epoca la cittadina che le diede i natali era attraversata da un'epidemia di colera che la madre contrasse poco dopo il parto. Nonostante le aspettative negative del medico, sia lei che la figlia sopravvissero al morbo. La famiglia discendeva dall'aristocrazia; la madre (Елена Андреевна Ган, 1814-1842, nata Fadeyeva) era un'autodidatta diciassettenne figlia della principessa Yelena Pavlovna Dolgorukova. Il padre (Пётр Алексеевич Ган, 1798-1873) servì come capitano dell'artiglieria reale a cavallo e in seguito salì al rango di colonnello; egli non fu presente alla nascita, trovandosi in territorio polacco impegnato a sedare la Rivolta di Novembre: la vedrà per la prima volta solo quando aveva già 6 mesi. Oltre alla sua doppia origine russo-tedesca Helena poté rivendicare anche un'eredità ancestrale francese, visto che il bisnonno fu un nobiluomo fuggito dal regno di Francia per scampare alla persecuzione contro gli Ugonotti; servirà alla corte di Caterina II di Russia. Come risultato delle promozioni di carriera del padre la famiglia si trovò costretta a trasferirsi spesso in diverse parti dell'impero, accompagnata dai loro numerosi servitori; un'infanzia in costante movimento che avrebbe potuto ben influenzare lo stile di vita in larga parte nomade della futura "Madame Blavatsky". Quando ebbe un anno giunse il primo spostamento a Kam"jans'ke (l'allora cittadella militare di Romankovo); nel 1833 il fratello minore Sasha morì per l'impossibilità di trovare una qualche assistenza medica. Nel 1835 madre e figlia giunsero a Odessa dove il nonno materno Andrei Fadeyev, amministratore civile delle autorità imperiali, era stato di recente assegnato. Fu in questa città che nacque la sorella Vera Petrovna. San Pietroburgo, Poltava e Saratov Nel 1836 la famiglia si trasferì a San Pietroburgo. La madre amò immediatamente la città, tanto da iniziare una propria attività letteraria; creò romanzi sotto lo pseudonimo di "Zenaida R-va" e traducendo le opere dello scrittore inglese Edward Bulwer-Lytton, che introdusse per la prima volta nei circoli letterari russi. Quando il marito dovette ritornare in Ucraina l'anno seguente, la moglie non lo seguì. Dopo che il nonno materno venne assegnato all'incarico di fiduciario presso i Calmucchi, la figlia e la nipote lo accompagnarono fino ad Astrachan'; qui fecero amicizia con il leader tribale Tumen. I Calmucchi erano (e lo sono a tutt'oggi) praticanti del buddhismo tibetano; fu proprio qui che Helena acquisì la sua prima esperienza con la religione. Nel 1838 la madre si trasferì con le figlie a Poltava per stare vicino al marito; qui insegnò a Helena a suonare il pianoforte e le organizzò delle lezioni di danza. A causa della cattiva salute, presto la madre fece ritorno a Odessa, dove Helena imparò la lingua inglese da una governante britannica. Successivamente si mossero in direzione di Saratov, ove nel giugno del 1840 nacque il fratello Leonid. La madre morì di tubercolosi nel giugno del 1842 a neanche 28 anni. I 3 fratelli rimasti orfani furono mandati a vivere dal nonno materno, il quale era stato nel frattempo nominato al governatorato di Saratov. Lo storico Richard Davenport-Hines ha descritto la giovane Helena come "una bambina coccolata, capricciosa e non autonoma, che ingannava il prossimo con racconti totalmente inventati". Le testimonianze fornite dai parenti rivelano ch'ella socializzava nella maggior parte dei casi con i bambini di classe inferiore e che si divertiva nelle burle e nella lettura. Le vennero impartite lezioni di lingua francese, storia dell'arte e musica, tutti argomenti che all'epoca si insegnavano alle ragazze di buona famiglia per facilitarle nella ricerca di un marito. Assieme ai nonni trascorse le vacanze estive negli accampamenti calmucchi, dove imparò ad andare a cavallo e qualche parola di lingua tibetana. In seguito affermerà che fu a Saratov che scoprì la biblioteca personale del bisnonno materno, il principe Pavel Vasilevich Dolgorukov (morto nel 1838); questa avrebbe contenuto una gran varietà di libri su soggetti esoterici, incoraggiando così il suo precoce interesse nei confronti dell'esoterismo. Il bisnonno era stato iniziato alla Massoneria verso la fine degli anni 1770 ed era appartenuto al rito di stretta osservanza templare; girarono voci sul fatto che avesse fatto la conoscenza di Cagliostro e del Conte di Saint-Germain. Affermerà anche che fu proprio in questo periodo che cominciò a sperimentare delle visioni e incontrò un uomo detto "indiano misterioso", destinata a conoscerlo nella carne solamente in una vita successiva. Molti biografi considerano questa la prima apparizione dei cosiddetti "Maestri antichi". Secondo alcune fonti nel 1844-45 venne condotta dal padre in Inghilterra, dove visitò Londra e Bath; stando a lei nella capitale inglese ricevette lezioni di pianoforte dal compositore boemo Ignaz Moscheles ed addirittura gli capitò di suonare accompagnata da Clara Schumann. Si ritiene però che questa visita in terra inglese non sia in realtà mai avvenuta perché nessuna menzione di ciò venne mai trascritta nelle memorie della sorella. Dopo un anno trascorso con la zia Yekaterina Andreyevna Witte (madre di Sergej Jul'evič Witte) si trasferì a Tbilisi, dove il nonno era stato nominato direttore delle terre statali in Transcaucasia. Helena affermò che qui fece amicizia con Alexander Vladimirovich Golitsyn, un massone russo appartenente alla famiglia Golicyn, che incoraggiò il suo interesse per le questioni esoteriche; dichiarò inoltre che in questo periodo aveva avuto altre esperienze riconducibili al paranormale e ai "viaggi astrali" e un nuovo incontro visionario col misterioso indiano. === Viaggi nel mondo === Appena diciassettenne Helena accettò di sposare Nikifor Vladimirovich Blavatsky, un uomo di 48 anni che lavorava al governatorato di Erivan; le ragioni rimasero poco chiare, anche se in seguito ella affermerà di averlo fatto perché fu attratta dalla fede di lui nella magia. Il matrimonio, seppur ella abbia cercato di scappare al momento dalla cerimonia nuziale, venne celebrato il 7 luglio del 1849. Andarono a vivere nel castello-fortezza di Erevan, ma dopo aver tentato ripetutamente di fuggire e tornarsene a Tbilisi dai nonni, il matrimonio ebbe rapidamente termine - molto probabilmente senza essere consumato - anche se non venne mai formalmente sciolto, cosicché Helena continuò sempre a portare il cognome del marito con cui è nota ancor oggi. La famiglia la mandò, accompagnata da un servo e dalla domestica, a Odessa per incontrare il padre, il quale decise infine di ritornare a San Pietroburgo con lei. Passati per Poti e Kerč' affermerà che, eludendo il controllo degli accompagnatori riuscì a corrompere il capitano della nave che li aveva condotti fino in Crimea, intendendo continuare il viaggio diretta a Istanbul. L'episodio a suo dire segnò l'inizio di 9 anni trascorsi in giro per il mondo, forse finanziata dal padre. Non tenne un diario in questo lasso di tempo e non venne assistita da alcun parente, pertanto è impossibile verificare le sue dichiarazioni. Lo storico di esoterismo Nicholas Goodrick-Clarke non ha mancato di osservare che la conoscenza pubblica di questi presunti viaggi si basa esclusivamente sulle relazioni da lei stessa effettuate, il tutto rimane pertanto in gran parte non corroborato da prove e oltretutto alterato da occasionali contraddizioni nella stessa cronologia dei fatti. Per lo studioso di storia delle religioni Bruce F. Campbell non esiste alcuna prova né dato affidabile per i seguenti 25 anni della sua vita; secondo il biografo Peter Washington a questo punto "il mito e la realtà cominciano a fondersi perfettamente nella biografia di Blavatsky". Asserirà che nella capitale dell'impero ottomano sviluppò una feconda amicizia con un cantante lirico ungherese di nome Agardi Metrovitch, che il destino le fece incontrare per poterlo salvare da un tentativo di omicidio (di cui lei stessa sventerà il complotto). Qui avrebbe incontrato anche la contessa polacca Sof'ja Stanislavovna Potocka, che seguì in qualità di dama di compagnia nel corso delle visite effettuate nell'Eyalet d'Egitto, in Grecia ed Europa orientale. Al Cairo avrebbe conosciuto lo studente d'arte statunitense Albert Leighton Rawson - che scriverà più tardi diffusamente sulla cultura mediorientale - e insieme visitarono un mago Copto chiamato Paulos Metamon. === Un ritratto del maestro indiano Morya === Nel 1851 si sarebbe trasferita a Parigi dove fece visita a Victor Michal, un medico che praticava il mesmerismo e che la impressionò molto. Da lì avrebbe preso la via dell'Inghilterra e a Londra incontrerà il misterioso indiano che le era già precedentemente apparso durante le sue visioni infantili, un iniziato all'Induismo che lei chiamò Morya. Scriverà diversi racconti, l'uno in contraddizione con l'altro, sull'avvenimento (in alcune versioni lo avrebbe incontrato a Ramsgate); sosterrà che l'uomo gli affidò una missione speciale, invitandola a recarsi quanto prima in Tibet e asserendo che quella avrebbe dovuto essere la meta finale della sua attuale esistenza. Intraprese quindi il suo cammino verso il continente asiatico attraversando le Americhe; si dirigerà in Canada nell'autunno del 1851. Ispirata dai romanzi di James Fenimore Cooper andrà in cerca delle comunità dei nativi americani nel Québec, nella speranza d'incontrare i loro sacerdoti-maghi. Qui invece venne derubata, ma attribuirà questo cattivo comportamento all'influenza corruttrice dei missionari cristiani. Si diresse quindi verso Sud a New Orleans, in Texas, nel Messico per finire fin sulle Ande, prima d'imbarcarsi dalle Indie occidentali alla volta di Ceylon britannico prima e poi per Mumbai; trascorrerà 2 anni nel subcontinente indiano, presumibilmente seguendo le istruzioni contenute nelle lettere che Morya le inviava periodicamente. Tentò di entrare nel Tibet, ma ciò gli sarà impedito dall'amministrazione britannica. Cercherà quindi di ritornare nel continente europeo; sopravviverà a un naufragio avvenuto all'altezza del Capo di Buona Speranza prima di arrivare in Inghilterra nel 1854; a causa della guerra di Crimea in pieno svolgimento si troverà ad affrontare l'ostilità degli inglesi nella sua qualità di cittadina russa. Qui avrebbe quindi lavorato come concertista alla Royal Philharmonic Society. Riattraverserà l'oceano Atlantico in direzione degli Stati Uniti d'America; visiterà New York (dove reicontrerà Rawson), prima di visitare Chicago, Salt Lake City e San Francisco: da qui partirà per il Giappone. Trascorrerà poi diverso tempo nel Kashmir, in Ladakh e nella Company Raj, prima di intraprendere un secondo tentativo di entrare in Tibet; questa volta avrebbe avuto successo. Era il 1856 ed era accompagnata da un membro dello sciamanesimo appartenente ai Tartari che stava tentando di raggiungere la Siberia e che - in quanto cittadina russa - credeva che Helena potesse aiutarlo. Dopo una breve pausa nella sua nazione natale, nel 1865 riprese a viaggiare. Ci fu anche una breve parentesi italiana dove ebbe modo di conoscere Garibaldi, col quale partecipò alle battaglie di Monterotondo e di Mentana. Nella battaglia di Mentana venne colpita al torace da due pallottole e creduta morta venne gettata in una fossa comune. Venne salvata in extremis da alcuni non ben identificati maestri. Indi continuò a girovagare per il mondo. === Maturità === Nel 1875 a New York fondò la Società Teosofica con Henry Steel Olcott, William Quan Judge e altri associati. Così Madame Blavatsky scrisse dei libri sulla religione che fecero conoscere al mondo le sue conoscenze nella materia, ma anche sul mondo esoterico, conosciuto tramite i libri del nonno durante l'adolescenza. Nel 1880, durante un suo viaggio a Ceylon, Madame Blavatsky e Henry Steel Olcott divennero ufficialmente buddhisti[69]. Nel corso del suo soggiorno americano Elena si sposò una seconda volta (senza che il primo matrimonio fosse stato annullato), in un periodo difficile in cui aveva bisogno di sostegno. Anche questo matrimonio, tuttavia, non fu consumato, e si concluse rapidamente. Per il resto della sua vita, accanto a lei troviamo altre donne, anche aristocratiche, che univano il ruolo di compagna a quello di mecenate. Dopo una breve parentesi in India, dove nell'ottobre del 1884 riferì del maestro Hilarion (scrivendo il suo nome Hillarion), asserendo essere questi recentemente scomparso, nell'agosto del 1890 fondò l'"Inner Circle" di 12 discipline. Si stabilì infine a Londra, ma sofferente di problemi cardiaci e reumatismi, una banale influenza la portò alla morte l'8 maggio del 1891. Il suo corpo venne cremato. Il New York Times in tempi recenti scrisse di lei: «Helena Petrovna Blavatsky ... ha avuto un cattivo servizio da parte della stampa fin dal suo primo apparire come organizzatrice della Società teosofica... Una delle grandi donne libere della sua epoca – non poté che attirare il disprezzo e critiche infuocate su ogni sua azione o parola, specialmente quando pretese di poter sfidare impunemente le più salde ortodossie dell'epoca. Ancora oggi, gente che non ha mai letto un rigo dei suoi scritti, continua ad avere l'adamantina convinzione che essa fosse una visionaria o una maniaca...»[70] Citata più volte come massone, ricevette nel 1877 da John Yarker un Certificato di appartenenza al Rito di Adozione[71]. === Opere === Tra i suoi libri vi sono: * Iside svelata (Isis Unveiled, a master key to the mysteries of ancient and modern science and theology, 1877) * edito in italiano da Armenia e da Edizioni Teosofiche. * Un'isola di mistero * edito in italiano da L'Età dell'Acquario. * Dalle caverne e dalle giungle dell'Indostan (From the Caves and Jungles of Hindostan, 1879-80) testo in lingua originale * edito in italiano da L'Età dell'Acquario. * La dottrina segreta (The Secret Doctrine, the synthesis of Science, Religion and Philosophy, 1888) testo in lingua originale. * edito in italiano, sia nella "edizione di studio" (senza le discussioni con la scienza di quel tempo), e sia in edizione integrale in otto volumi, entrambe da Edizioni Teosofiche Italiane. * Le stanze di Dzyan si tratta della versione tradotta in italiano dell'omonimo manoscritto redatto dalla Blavatsky e citato ne La dottrina segreta. * La voce del silenzio (The Voice of the Silence, 1889) testo in lingua originale * edito in italiano da Edizioni Teosofiche Italiane e da BIS Edizioni. * La chiave alla teosofia (The Key to Theosophy, 1889) testo in lingua originale * edito in italiano da Edizioni Teosofiche Italiane e da Astrolabio. * Raja Yoga o Occultismo * raccolta di articoli pubblicati in origine sulle riviste Lucifer e Theosophist, edito in italiano da Astrolabio (1981). * Nightmare Tales (1892) * Personal Memoirs of H. P. Blavatsky. Autobiographic notes compiled by Mary K. Neff (1937) * I suoi numerosi articoli sono stati raccolti nell'operaCollected Writings of H. P. Blavatsky, serie di 15 volumi (compreso l'indice). ---- ===== Valerio Evangelisti ===== {{ :halloffame:evangelisti-300x460.jpg |}} Autore versatile, è scomparso a Bologna a 69 anni. Inventore della serie dell’inquisitore Eymerich e della trilogia di Magus, dedicata a Nostradamus, aveva rivoluzionato la letteratura di genere. Nel 2013 aveva raccontato la sua malattia nel memoir «Day Hospital» Valerio Evangelisti La letteratura fantastica non è fatta soltanto di sogni e fantasie, ma delle storie e delle idee di società che porta con sé e della grandezza dei suoi eroi. Da oggi, uno dei più grandi autori italiani del genere, Valerio Evangelisti, non c’è più. È morto infatti ieri a 69 anni nella sua Bologna dov’era nato nel 1952 e dove ha sempre vissuto, stando poi negli anni per alcuni mesi in Messico. Evangelisti nel 1994 aveva letteralmente sbancato e rinnovato la letteratura di genere creando il personaggio dell’inquisitore Nicolas Eymerich, nel suo esordio Nicolas Eymerich, inquisitore, vincitore del Premio Urania e pubblicato nell’omonima celebre collana di fantascienza di Mondadori. In quella prima avventura, a una traccia ambientata nel Medioevo dell’inquisitore, ispirato all’omonimo personaggio storico autore del manuale Directorium inquisitorum, si affiancavano altre due trame ambientate in un futuro lontano. L’incrocio delle tre era sinonimo d’avventura e lo è stato per i successivi romanzi della serie: 14 in tutto, tradotti in 22 lingue, fino al conclusivo Il fantasma di Eymerich (2018); tutti i romanzi sonoi stati raccolti nel 2019 in tre volumi negli Oscar Mondadori Vault a cura di Alberto Sebastiani. La serialità è stata il modus operandi di Evangelisti che ha ottenuto grande successo anche con la trilogia di Magus dedicata a Nostradamus, raccolta in unico volume nel 2000, e con quella dedicata al pistolero e stregone messicano Pantera, composta da Metallo urlante (Einaudi Stile libero, 1999), Black Flag (Einaudi Stile libero, 2002) e Antracite (Mondadori, 2003), omaggio, fin dal nome del protagonista, alla musica heavy metal di cui era appassionato. La forza della letteratura fantastica sta nell’essere iconica per definizione, cercando di creare immaginari nuovi e imprevisti e, nel caso di Evangelisti, di lotta. Come dichiarò in una delle sue ultime interviste, in occasione della sua candidatura a capo lista del movimento politico di sinistra Potere al Popolo nel settembre 2021, «nella mia professione di scrittore, ho voluto raccontare una fetta di umanità, gli ultimi della società che si sono conquistati il palcoscenico della storia». La fantasia al potere, o meglio, come messa in discussione continua e serrata del potere. Una pratica che Evangelisti aveva coltivato con la saggistica storica, come in Sinistre eretiche. Dalla banda Bonnot al Sandinismo (Sugarco, 1985), per portarla successivamente anche sul piano della teoria letteraria, come in Alla periferia di Alphaville. Interventi sulla paraletteratura (L’ancora del Mediterraneo, 2003). A siglare l’attivismo culturale militante dell’autore, inoltre, nel 1995 la pubblicazione di «Carmilla», rivista di «letteratura, immaginario e cultura d’opposizione», nata inizialmente come fanzine e cresciuta negli anni fino a diventare un magazine online di riferimento per certi temi antagonisti e autori, tra cui il collettivo dei Wu Ming. Sulla lunga malattia che l’ha portato via dalle lotte e dalla scrittura, un raro linfoma, Evangelisti aveva scritto un memoir nel 2013 per Giunti, Day Hospital. Della forza della narrativa, invece, nelle pagine di Controinsurrezioni (Mondadori, 2008), rilettura del Risorgimento che raccoglieva una sua storia e una di Antonio Moresco, aveva scritto: «Solo la narrativa può restituire, in parte, il sapore di ciò che accadde. Gli odori, i colori: una verità che lo storico, vincolato a criteri quantitativi e a valutazioni asettiche, non può permettersi». ---- ===== Paul Auster ===== Paul Auster, il prolifico scrittore americano autore della «Trilogia di New York», è morto per complicazioni dovute a un cancro ai polmoni: la notizia è stata data dal New York Times. Aveva 77 anni. Auster è morto nella sua casa di Brooklyn. Chi era Paul Auster Narratore finissimo che negli anni Ottanta con i romanzi della Trilogia di New York ha creato — e occupato — uno spazio che prima non esisteva nella narrativa americana, Auster ha raccontato nel folgorante memoir L’invenzione della solitudine della morte del padre, ma anche che la nonna paterna aveva assassinato il marito, un segreto tenuto a lungo nascosto e scoperto quasi per caso. Nel 2022 aveva dovuto affrontare la morte del figlio Daniel, avuto dalla prima moglie, Lydia Davis, anche lei scrittrice, stroncato da una overdose dopo che, a sua volta, aveva perso la sua bambina di dieci mesi per aver ingerito, lasciata incustodita, psicofarmaci ed eroina. Nato a Newark, nel New Jersey (come l’altro gigante statunitense Philip Roth), il 3 febbraio 1947 da genitori ebrei originari dell’Europa orientale (il nonno paterno era emigrato nel 19001 dalla città ucraina Ivano-Frankivsk), dopo la laurea alla Columbia University Auster trascorse un periodo a Parigi vivendo dei lavori più disparati, lezioni private, saltuarie collaborazioni con giornali, traduzioni di opere dal francese, in una precarietà continuata anche dopo il matrimonio con Lydia Davis e la nascita del primo figlio, Daniel, come racconterà più tardi, nel 1997, in Sbarcare il lunario: «A cavallo dei trent’anni vissi un periodo in cui tutto quello che toccavo si trasformava in un fallimento. Il mio matrimonio si concluse con un divorzio, il mio lavoro di scrittore andò a picco, e mi ritrovai assillato da problemi finanziari». Le prime opere e il successo Nel 1974 si stabilisce a New York e pubblica la raccolta di versi Unearth, a cui seguono, tra gli altri, la pièce teatrale Laurel and Hardy go to heaven (1977) e il suo primo testo in prosa, White spaces (1980). Ma è con L’invenzione della solitudine (1982), in cui il ritratto del padre, un uomo «caparbio, opaco, come immune dal mondo», si mescola a un complesso di voci di scrittori e artisti che hanno influenzato la sua voce, che il suo nome si impone in modo decisivo nel panorama letterario statunitense, mentre il successo internazionale arriva con la pubblicazione della Trilogia di New York, che comprende Città di vetro (1985), Fantasmi (1986) e La stanza chiusa (1987). Tre romanzi Liberal, impegnato nelle battaglie civili e politiche di sinistra, Auster è stato un grande sostenitore di Obama e un feroce oppositore della presidenza Trump e nei mesi scorsi ha condannato duramente l’invasione russa in Ucraina, paragonando il presidente russo Vladimir Putin a Hitler. Definiva la moglie, Siri Ustevedt, scrittrice e studiosa di psicoanalisi, con cui viveva a Brooklyn dal 1981 e da cui ha avuto la figlia Sophie, «una delle migliori menti» che avesse conosciuto: «È lei l’intellettuale della famiglia, non io, e tutto so che di Lacan e Bachtin, l’ho imparato direttamente da lei» confessò a I. B. Siegumfeldt nel libro intervista Una vita in parole. Autore di diciotto romanzi e cinque libri autobiografici, negli anni Novanta Auster ha dato voce alla sua passione per il cinema scrivendo e dirigendo due film insieme a Wayne Wang, Smoke e Blue in the Face, a cui sono seguiti Lulu on the Bridge e La vita interiore di Martin Frost nel 2007. Lo stile e i temi Nei romanzi di Paul Auster, baciati da una scrittura in stato di grazia, è dominante il senso di alienazione e straniamento dei personaggi, l’identità individuale appare come una condizione fluida legata anche alla precarietà dell’esistenza, mentre la memoria è sempre qualcosa che va al di là della pura esperienza personale: «Non è tanto la storia mia che mi interessa, ma usare le mie esperienze per pormi delle domande a proposito del mondo» aveva spiegato a «la Lettura» conversando con l’amico David Grossman. Auster ha spesso giocato nei suoi romanzi con l’io narrativo e l’io reale, come in Città di vetro dove lo scrittore di gialli Daniel Quinn «perduto non solo nella città ma anche dentro di sé» una notte riceve la telefonata di qualcuno che cerca Paul Auster. O come ha fatto nell’audace 4321, romanzo ancora una volta capace di frantumare il concetto stesso di identità raccontando in quattro maniere diverse le quattro vite possibili, eppure reali, di Archie Ferguson. Quattro trame che procedono in parallelo e in cui, a seconda delle versioni, i protagonisti sono buoni o cattivi, ricchi o poveri. L’ultimo libro Nel 2021, dopo anni di studio e ricerche, aveva pubblicato Ragazzo in fiamme (pubblicato in Italia, come tutti i libri di Auster da Einaudi), una vita esemplare che arriva dritto dall’Ottocento: quella di Stephen Crane (1871-1900). In oltre mille pagine Auster racconta la breve parabola di uno scrittore dimenticato, l’autore di Il segno rosso del coraggio, morto di tubercolosi a 28 anni nel 1900: «Più sono riuscito a conoscerlo, più l’ho sentito come un altro personaggio dei miei romanzi» aveva detto. La morte, e il lutto, è stato il tema dell’ultimo scritto di Auster intitolato Baumgartner, dal cognome del protagonista Seymour Baumgartner, professore settantenne che non trova pace dopo la perdita della moglie Anna. Un libro breve, dal tratto intimo, una riflessione sulla vecchiaia, capace di mescolare ironia e tenerezza.